VENEZIA E ISTRIA
Non c'è dubbio che il nome Malvasia derivi dal porto fortificato del Peloponneso Moni Emvasis. di Attilio Scienza
Fu creata intorno al 588 d.C. e passò sotto il dominio veneziano solo nel 1409: si trova in Laconia, una zona che i veneziani chiamavano Morea perché assomigliava a una foglia di gelso, che nel loro dialetto si chiama morer. Se torniamo al significato etimologico della parola Moni Emvasis, essa indica un approdo con un’unica entrata: moni (solo, uno) ed emvasis (entrata, passaggio), che è stato poi distorto nel veneziano Malfasia, Malvagia e poi Malvasia. Il vino dolce chiamato Malvasia fu menzionato per la prima volta da Nicola Mesarite, metropolita di Efeso, nel 1214. La lunghissima e magnifica storia della Malvasia, così come la diffusione e il successo di questa varietà, è stata in realtà scritta dalla Repubblica di Venezia, conosciuta anche come La Serenissima, partendo quindi dalla Monemvasia. Quando appoggiarono Guglielmo de Villehardouin per occupare temporaneamente il sito nel 1248, i veneziani vennero certamente a contatto con questo vino “così dolce, delizioso, un vero nettare, di quelli che tutti vorrebbero portare a casa”. Così lo immaginavano gli ingegnosi mercanti veneziani. Ma anche perché era “robusto e adatto a viaggiare per terra e per mare”. Cercarono subito di diffondere la loro produzione nell’isola di Candia (Creta), che era sotto il loro dominio dal 1204. A tal punto che nel 1278 a Venezia compare una citazione che fa riferimento all’importazione di vinum de Malvasias. Così, quell’anonimo vino di Monemvasia divenne il “vino” dei veneziani, un marchio allora conosciuto in tutto il mondo che ruotava intorno al Mediterraneo e che divenne una fonte di affari colossali per il bilancio della Serenissima. Pierre Galet dedica un lungo capitolo alle Malvasie nel suo Dictionnaire encyclopedique des cepagés et leurs synonymes (2018), passandone in rassegna un centinaio e citando un importante studio del professor Logothetis (1965) che scrive: “Monemvasia, sulla costa orientale del Peloponneso, divenne prima Malfasia , e poi, dopo l’italianizzazione dei veneziani, Malvasia. Poi Malvasijie in croato e Malvelzevec in sloveno, Malvagia in spagnolo, Malvasia in portoghese, Malvoisie in francese, Malvesie o Malmsey in inglese”. “Durante le Crociate”, scrive Logotheis, “Guillaume (Guglielmo) de Villehardhouin (figlio di Goffroi de Villehardhouin) prese possesso di Monemvasia nel 1245 e poi la cedette a Michel Pelaogue nel 1263”. Vale la pena ricordare (come rivela Michela Dal Borgo, curatrice dell’Archivio di Stato di Venezia) l’importanza che la Serenissima dava al lavoro legato al vino. Infatti, “già nel maggio del 1268, Venezia creò una speciale magistratura, la Ufficiali al dazio del Vin (funzionari della dogana del vino), per amministrare i sistemi fiscali e doganali e per controllare la vendita al dettaglio del vino nei vari negozi”. Vido Vivoda (Malvasia istriana, 2003) sostiene che “la Malvasia istriana non ha nulla a che fare con quella veneziana perché non è possibile collegarle in quanto, dice letteralmente, “varie fonti storiche veneziane parlano dell’uso del vino chiamato Malvagia (importato dalla Grecia) nelle cerimonie ecclesiastiche e quindi è logico supporre che il vino dovesse essere assolutamente rosso, dato che all’epoca il vino bianco non era affatto ammesso nelle cerimonie religiose”. Se non fosse che, come sottolinea Attilio Scienza a proposito dell’uso del vino durante la Messa, “nei riti bizantini dell’epoca si usava il vino bianco, e anche adesso nella chiesa ortodossa si usa il vino bianco, soprattutto quello di Santorini, perché non è acidificato”. Inoltre, nell’articolo 3 della legge canonica, non viene specificato il colore del vino della Messa. Il vino bianco è stato introdotto nel rito romano solo più tardi, a partire dal Concilio di Trento (che si tenne dal 1545 al 1563), per evitare il ripetersi di miracoli come quello di Bolsena. – Venezia era la New York di quell’epoca dove nascevano tutte le tendenze grazie al commercio, alle sue leggi, all’arte, alla musica, all’editoria. Nella Chiesa ortodossa si usa il vino bianco, in particolare quello di Santorini, come scritto da Aldo Manuzio nel suo libro del 1501 che ancora oggi comprendiamo. Inoltre, l’unica copia esistente del secondo libro in glagolitico (l’antico alfabeto croato) è un breviario del 1491 che si ritiene sia stato stampato a Venezia e ora conservato nella Biblioteca Marciana. E poi i tessuti, i vetri, lo stile di vita e il culto della bellezza erano fonte di continua imitazione. Così come il caffè, di cui i veneziani furono i primi importatori e fornitori in Europa già nel 1683. Essere presenti in quel mercato significava essere, in senso culturale, parte della capitale del mondo di allora. Erano anche all’avanguardia per quanto riguarda i servizi segreti, grazie a un’invenzione che oggi può essere paragonata al cyberspionaggio. Pur possedendo solo alcune regioni interne dell’Italia nord-orientale e piccole aree costiere in alcune zone del Mediterraneo, Venezia si oppose con successo a regni e imperi molto più potenti dal punto di vista militare, geografico ed economico. Trasformò i suoi ambasciatori e consoli, i suoi rappresentanti commerciali e i suoi commercianti in agenti altamente informati, inseriti in uno scacchiere geografico ed economico attraverso una rete di relazioni complesse. Tutte queste persone erano in grado di informare molto rapidamente i vertici della Serenissima e di permettere loro di agire e reagire rapidamente a eventi, annunci, voci e flussi commerciali. Per molto tempo, gli uomini dello spionaggio veneziano sono stati tra i più sofisticati in termini di gestione delle informazioni: l’inchiostro più efficace prodotto dalla Serenissima utilizzava una varietà di materie prime vegetali e minerali e persino l’urina. Le informazioni viaggiano come se fossero scritte tra le righe e ancora oggi si usa l’espressione “leggere tra le righe” per indicare una lettura attenta che interpreta la (vera) realtà dei fatti. La Malvasia è anche il primo esempio di interpretazione commerciale del vino come merce, resa possibile dalla grande esperienza e potenza navale della Repubblica di Venezia. Attilio Scienza ha osservato nel dettaglio quanto attuato dalla Serenissima con la Malvasia: “si trattava di un esempio ante litteram di globalizzazione del mercato del vino dolce, dove il nome del luogo di produzione diventa un termine generico che denota un vino con determinate proprietà organolettiche, ma senza riferimento al luogo di origine (e al vitigno – nota dell’autore). L’importanza economica di questo vino (che in Inghilterra veniva scambiato in modo tale che una botte veniva scambiata con una balla di lana) portò la Repubblica di Venezia a costruire un porto speciale, che ancora oggi si chiama Fondaco della Malvasia. Va da sé che l’aumento della domanda comportò la ricerca di nuove fonti di produzione, con la libera scelta del vitigno. Da qui la confusione sulla Malvasia. “Per comprendere appieno l’importanza che questo vino ha avuto nella storia enologica europea”, osserva Attilio Scienza, “è necessario comprendere anche gli eventi climatici, economici e sociali del XIV e XV secolo nel vecchio continente. L’ondata di freddo, nota come “Piccola Era Glaciale”, decimò la popolazione europea con carestie e pestilenze. A causa delle condizioni climatiche, molte aree vinicole furono abbandonate e la qualità del vino si deteriorò notevolmente. Grazie alle frequenti visite alle chiese orientali, i nobili e l’alto clero conoscevano bene i vini del Mediterraneo orientale e la loro qualità e quindi divennero un mercato privilegiato non solo per la marina veneziana che offriva Malvasia e Vinsanti, ma anche per il vino genovese, che fece della Vernaccia, prodotta sulla costa settentrionale del Mediterraneo, un simbolo del suo commercio. L’espansione ottomana nel Mediterraneo sottrasse ai veneziani l’isola di Creta (Candia) nel 1669 e con essa gran parte della produzione di Malvasia. Questo è l’evento chiave dopo il quale nacquero molte Malvasie mediterranee: da un lato, perché Venezia non rinunciò al suo ricco mercato e, dall’altro, perché il famoso vino incoraggiò la produzione, anche se da vitigni diversi, di vini simili imitando le sue proprietà organolettiche in molte regioni italiane, francesi, spagnole e persino portoghesi. In un certo senso, Venezia ordinò la produzione di vini dolci, aromatici e alcolici simili alla Malvasia a molti produttori, soprattutto nelle zone su cui aveva la supremazia politica come l’Istria, la Dalmazia, la costa adriatica e l’interno delle regioni del Veneto e del Friuli-Venezia-Giulia. La più antica testimonianza scritta della coltivazione della Malvasia, anche in Italia, risale al periodo compreso tra il 1500 e il 1600 (come abbiamo visto in Istria, da una citazione del vescovo di Cittanova, Tommasini), e oltre a essere la prova che Venezia aveva già creato la rete di subfornitori di Malvasia nelle sue vicinanze per rendere questo vino più disponibile prima della perdita di Candia (Creta), rappresenta anche un tentativo di minacciare l’egemonia veneziana in alcuni mercati locali di questo vino. Il suo successo commerciale, tuttavia, scomparve poco dopo, in parte a causa del declino del potere economico di Venezia, che non controllava più il commercio del vino nel Mediterraneo rispetto alla concorrenza inglese, e in parte a causa della “rivoluzione delle bevande”, che colpì i paesi del nord Europa tra il 1600 e il 1700 quando l’interesse dei consumatori si indirizzò verso i vini di Sauternes, Porto, Andalusia e Vermouth”. Su impulso del mercato gestito dai veneziani, molte varietà cambiarono nome in Malvasia, con l’aggiunta di un aggettivo che ne indicava l’origine (di Candia, di Lecce, di Casorzo, ecc.), le caratteristiche qualitative (aromatico, bianco, rosato, nero, ecc.), e furono applicate le consuete tecniche di produzione, come l’appassimento sulla vite o su graticci a seconda delle condizioni climatiche. Gli scienziati hanno cercato di dividerle in quattro gruppi in base alla loro origine geografica o al luogo di coltivazione: Malvasia del Mediterraneo occidentale, Malvasia della Catalogna, Malvasia dell’Adriatico e Malvasia dell’Atlantico.